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Con Decreto Interministeriale del 6 marzo 2013, sono stati recepiti i criteri di qualificazione della figura del formatore per la salute e sicurezza sul lavoro individuati dalla Commissione Consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro ai sensi dell’art. 6, comma 8, lett. m-bis) del D.lgs. n. 81/2008.
Se ne è dato avviso, a mezzo comunicato, sulla Gazzetta Ufficiale n. 65 del 18 marzo 2013 e il Decreto entrerà in vigore decorsi 12 mesi dalla detta data della sua pubblicazione.
I datori di lavoro, nella individuazione del formatore, saranno tenuti ad utilizzare i criteri allo stato precisati, nonché quelli che dovessero essere pubblicati, ad integrazione, sul sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali nella sezione Sicurezza nel lavoro.
Ebbene, è stato decretato che si considera qualificato in materia di salute e sicurezza sul lavoro il formatore che possieda il prerequisito riferito alla propria istruzione e gli ulteriori criteri, i quali tutti rappresentano il livello base richiesto per la figura de qua.
In particolare, per quanto attiene ai criteri, come normato, ciascun di essi è strutturato in modo tale da garantire la contemporanea presenza di 3 elementi minimi fondamentali che devono essere posseduti dal docente-formatore, e che si identificano, in generale, in conoscenza, esperienza e capacità didattica.
Ma procediamo con ordine.
Viene richiesto il prerequisito del possesso del diploma di scuola secondaria di secondo grado, nonché uno dei criteri di seguito indicati:
Il formatore-docente è tenuto ad aggiornarsi con cadenza triennale, dedicandosi, alternativamente:
a) alla frequenza per almeno 24 ore complessive nell’area tematica di competenza, di seminari, convegni specialistici, corsi di aggiornamento organizzati dai soggetti di cui all’art. 32 comma 4, di cui almeno 8 devono essere relative ai corsi di aggiornamento;
b) ad effettuare un numero minimo di 24 ore di attività di docenza nell’area tematica di competenza.
Il triennio decorre dalla data di applicazione del presente decreto per i formatori-docenti già qualificati alla medesima data, mentre dalla data di effettivo conseguimento della qualificazione per tutti gli altri.
Le aree tematiche attinenti alla salute e alla sicurezza sul lavoro cui fare riferimento ai fini della ricorrenza dei criteri di qualificazione dei formatori-docenti sono: 1. area normativa/giuridica/organizzativa; 2. area rischi tecnici/igienico-sanitari; e 3. area relazioni/comunicazione.
Come detto, il prerequisito ed i criteri così come individuati rappresentano i requisiti minimi richiesti per la figura del formatore, ma non sono vincolanti in riferimento ai corsi di formazione già formalmente e documentalmente approvati e calendarizzati alla data di pubblicazione dell’avviso del decreto di cui trattasi.
Il prerequisito non è richiesto, altresì, per i datori di lavoro che effettuino personalmente la formazione ai propri lavoratori; gli stessi, infatti, per un periodo di 24 mesi dall’entrata in vigore dei criteri così come individuati, possono continuare a svolgere attività formativa se in possesso dei requisiti di svolgimento diretto dei compiti del servizio di prevenzione e protezione di cui all’art. 34 del D.lgs. 81/2008, ma nei soli riguardi dei propri dipendenti, mentre dovranno successivamente dimostrare di essere in possesso di almeno uno dei detti criteri.
Quanto ai formatori non in possesso del prerequisito di istruzione, gli stessi possono svolgere l’attività di formatore qualora, alla data di pubblicazione dell’avviso del decreto nella Gazzetta Ufficiale siano in grado di dimostrare di possedere almeno uno dei criteri previsti.
Atteso quanto sopra, si considera qualificato il formatore che possa dimostrare di possedere il prerequisito ed uno dei criteri richiesti; la rispondenza ai criteri di qualificazione deve poter essere dimostrata da parte del formatore sulla base di idonea documentazione, come, inter alia, attestazione del datore di lavoro, o lettere ufficiali di incarico.
La qualificazione è acquisita dai soggetti coinvolti in modo permanente, fermo restando l’adempimento degli obblighi di aggiornamento professionale, con riferimento alle aree tematiche per le quali i formatori abbiano maturato il corrispondente requisito di conoscenza ed esperienza professionale.
Trascorsi 12 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto, la Commissione si riserva di valutare gli esiti della prima applicazione e di elaborare, se del caso, proposte migliorative della efficacia dei criteri previsti.
Commento
Nonostante le reazioni emotive dell’opinione pubblica rispetto alle gravi e ripetute situazioni che spesso mettono a repentaglio l’incolumità e la vita stessa di diversi lavoratori occupati, lo stato delle iniziative italiane a presidio della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro si sta indirizzando verso iniziative che offrono un segnale incoraggiante nell’ottica di attenzione e, quindi, di conseguente attuazione della disciplina di riferimento.
Il D.lgs. n. 81/2008 ha rappresentato, e rappresenta ancora oggi, il punto di snodo dell’evoluzione della disciplina de qua, ed ha rappresentato un significativo tentativo si semplificazione e di accorpamento di una normativa prima di allora quanto mai frastagliata.
In tale ottica deve leggersi anche il Decreto Interministeriale in commento, indirizzato, in particolare, ai formatori, ma rivolto, più in generale, alla tutela di tutti i lavoratori, e, ancora, al diritto alla salute quale diritto indisponibile della persona.
Orbene, si deve constatare che il problema della sicurezza o, meglio, della prevenzione e della sicurezza è e resta quello della conoscenza/conoscibilità da parte degli soggetti interessati dei rischi e delle misure idonee ad impedirne la verificazione; ed è per tale ragione che occorre intensificare le iniziative di ricerca e di esplorazione richieste dalla costante evoluzione delle tecniche di prodizione.
Lo sviluppo delle nuove tecnologie ed i riflessi che queste hanno sugli assetti economico-produttivi, nonché la competizione in un mercato di lavoro globale dove la crescita e la sopravvivenza dipendono dalla capacità di adattamento, riqualificazione ed innovazione, richiedono, in lassi di tempo sempre più brevi, processi continui di qualificazione o riqualificazione delle risorse umane.
Ciò posto, formazione ed attività professionale possono dirsi strettamente connesse.
Necessaria è, nella specie, l’adeguatezza della formazione tesa a che il momento educativo venga espletato non solo per adempiere all’obbligo formale previsto dalla legge, ma a raggiungere l’obiettivo che gli è proprio.
Il legislatore sottolinea la necessità del continuo aggiornamento in connessione alla evoluzione dei rischi già esistenti e valutati o all’insorgere di nuovi; solo in tale modo si rende la formazione un momento reale di apprendimento e di cambiamento dei proprio comportamenti, in base ad una attenta ed adeguata valutazione dei rischi.
La formazione in particolare, così come anche l’informazione e l’addestramento, vanno ad implementare il bagaglio di nozioni impartite ai formatori e ai lavoratori, rivolgendo in senso pratico ed applicativo tutti quei principi, distinti per attività e settore produttivo, in grado di realizzare al massimo grado il livello di sicurezza.
Come noto, è l’art. 2 del D.lgs. 81/2008, anche conosciuto come Testo Unico di salute e sicurezza sul lavoro, a qualificare quali elementi fondamentali per la garanzia della effettività della prevenzione in azienda degli infortuni e delle malattie professionali le attività di formazione, informazione e addestramento, fornendo delle stesse una definizione innovativa rispetto alla previgente normativa, riguardando tutti coloro i quali, a diverso titolo, fanno parte della compagine aziendale, ivi compreso il datore di lavoro (in base all’art. 34 del medesimo Decreto).
Il comma 1, lettera aa), dell’art. 2, definisce la formazione il “processo educativo attraverso il quale trasferire ai lavoratori ed agli altri soggetti del sistema di prevenzione e protezione aziendale conoscenze e procedure utili alla acquisizione di competenze per lo svolgimento dei rispettivi compiti in azienda e alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi”.
Ebbene, la detta formulazione evidenzia come la formazione non sia un adempimento unico ed isolato, ma un vero processo culturale finalizzato a tutti i soggetti che operano a vario titolo in azienda e rispetto ai quali deve realizzarsi un vero trasferimento di competenze e procedure in materia di prevenzionistica.
L’informazione è, invece, descritta dalla lettera bb) del medesimo articolo come il “complesso delle attività dirette a fornire conoscenze utili alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi in ambiente di lavoro”: essa è una attività che consiste in un trasferimento continuo di conoscenze, procedure e nozioni che non possono tradursi in una semplice comunicazione, dovendo, di contro, essere idonee ad orientare i comportamenti dei soggetti cui sono rivolte.
L’addestramento è, infine, definito dalla successiva lettera cc) come il “complesso delle attività dirette a fare apprendere ai lavoratori l’uso corretto di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale, e le procedure di lavoro”: l’attività de quo deve tradursi nella acquisizione di una serie di procedure di sicurezza che consentano al lavoratore di svolgere le proprie mansioni senza mettere in pericolo, per ignoranza delle medesime, la propria salute e sicurezza.
Solo attraverso l’informazione, la formazione e l’addestramento il lavoratore potrà essere effettivamente sensibilizzato e responsabilizzato, in quanto chiamato a prendersi cura della propria salute e sicurezza, nonché di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro sulle quali possono eventualmente ricadere gli effetti delle proprie azioni od omissioni.
Rispetto alla informazione, che presenta un carattere maggiormente divulgativo, la formazione segna il passaggio cruciale dal processo di apprendimento teorico a quello pratico, anche a mezzo del successivo addestramento, e da ciò si può facilmente dedurre la portata del Decreto in commento.
La formazione deve essere in grado di fornire ai discenti conoscenze generali relative ai concetti di rischio, danno, prevenzione, protezione, organizzazione, controllo, assistenza, diritti e doveri dei vari soggetti aziendali, organi di vigilanza, nonché conoscenze specifiche, quali i rischi riferiti alle mansioni, ai possibili danni, alla misure e procedure di prevenzione e protezione caratteristici del settore di appartenenza dell’azienda.
La formazione va progettata e realizzata tenendo conto delle mansioni di specifico riferimento e delle attività concretamente svolte da ciascun lavoratore al quale l’attività lavorativa è diretta; deve essere strettamente correlata alla natura dinamica della valutazione dei rischi o alla insorgenza di nuovi rischi; deve essere sufficiente ed adeguata.
La complessità che può assumere l’onere formativo, sia quello generico di cui all’art. 37, comma 1, che quello riferito ai rischi particolari, di cui all’art. 37, comma 3, ha suggerito di rimettere la disciplina a degli esperti: i canoni della sufficienza e della adeguatezza sono i riferimenti per calibrare lo sforzo formativo e di addestramento, che risulterà più intenso e, verosimilmente, più adeguato, man mano che si approfondirà lo sforzo di individuazione, analisi e valutazione dei rischi, e che si predisporranno le misure più adeguate di prevenzione e protezione.
Nonostante, infatti, la attività formativa sia rivolta a soggetti altamente responsabilizzati dalla legge, non se ne riscontrava, di contro, una corrispondente adeguatezza.
Al di là della previsione normativa, saranno i singoli percorsi formativi a delineare effettivamente l’adeguatezza e la corrispondenza tra l’obiettivo di preparazione ed il ruolo dei soggetti destinatari, soprattutto alla luce di questa ultima novità normativa, che ha creato delle figure che, si presume, saranno in grado di offrire un insegnamento altamente specializzato.
In conclusione, è bene precisare che il momento formativo viene inteso dal legislatore come un percorso permanente che si concretizza, è vero, in occasioni definite, quali l’instaurazione del rapporto, in caso di cambio di mansioni, o quando vengono introdotte nuove tecnologie, nuove attrezzature, nuove sostanze o preparati pericolosi, ma che deve esplicarsi durante tutta la durata della vita dell’azienda, derivandone un obbligo di composizione complessa e di ripetizione periodica che è di fatto incompatibile con un percorso fatto di singoli episodi formativi.
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